Auto elettrica, il 2012 sarà l’anno della verità?

Il tema dell’auto elettrica e ibrida rappresenta una questione che si è ripresentata più volte nella storia del sistema automobilistico, ma non ha mai acquisito una rilevanza così risolutiva da imporsi all’attenzione del dibattito sulla mobilità sostenibile. A impedirlo sono stati alcuni limiti di fondo che rendevano meno competitivi questo tipo di veicoli rispetto alle altre classiche motorizzazioni. Ora sembra che il quadro sia cambiato. Negli ultimi anni alcuni fattori hanno contribuito a rinnovare l’interesse delle Case automobilistiche per il tema e a rilanciare prepotentemente la discussione sulle nuove opportunità di sviluppo per questa innovazione. Da una parte il tema dell’inquinamento atmosferico e la necessità, in capo soprattutto al settore dei trasporti, di ridurre le emissioni di CO2. Dall’altra, la crescente instabilità del prezzo del petrolio e la conseguente rinnovata attenzione a fonti di energia alternative a minor impatto ambientale.

Secondo molti osservatori, il 2012 sarà per l’auto elettrica l’anno della verità, l’anno in cui si prevede un consistente aumento del numero di modelli disponibili e delle vendite. Aumentano i progetti delle case e l’interesse delle amministrazioni pubbliche, aumentano le prestazioni e i progressi tecnologici, cresce l’appeal delle auto e l’interesse degli utenti.

LO SCENARIO ENERGETICO E LE PREVISIONI SULLA DOMANDA DI AUTOMOBILI


Qualsiasi discussione sulla possibile diffusione dei veicoli elettrici e sul contesto in cui si inserisce non può prescindere da uno sguardo agli scenari energetici che ci attendono da qui a vent’anni. Secondo le previsioni di Exxon Mobil nei prossimi anni assisteremo a un aumento del 35% del fabbisogno energetico globale, legato principalmente alla crescente domanda di energia elettrica, proveniente soprattutto dai paesi non-OCSE. Per far fronte alla crescita della domanda, l’utilizzo di tutte le fonti di energia economicamente competitive dovrà essere ampliato. Ci riferiamo al petrolio, al gas naturale e al carbone che, al 2030 continueranno a coprire l’80% del fabbisogno globale. A cambiare sensibilmente sarà naturalmente il mix di combustibili utilizzati per produrre energia elettrica. Il gas naturale sarà la fonte che, al 2030, farà registrare la crescita più rapida: la sua percentuale sul totale del fabbisogno energetico passerà dal 20% circa a quasi il 25%, e diventerà la seconda fonte di energia a livello mondiale superando il carbone, rispetto al quale risulta essere più efficiente e meno inquinante. A farla da padrone resterà il petrolio, che continuerà a rappresentare la principale fonte di energia.

Un altro cambiamento di rilievo sarà rappresentato dalle rinnovabili: le stime di Exxon rivelano che il ruolo di fonti quali l’eolico, il solare, biocarburanti e biomasse aumenterà sensibilmente. Nel 2005 l’incidenza di queste tre fonti nel soddisfare la domanda globale di energia era trascurabile, inferiore allo 0,5%. Nel 2030, esse arriveranno a fornire circa il 3% del fabbisogno mondiale di energia.

Analizzando il settore dei trasporti si prevede che il fabbisogno di carburante mondiale del settore dei trasporti crescerà di circa il 40% tra il 2005 e il 2030, in virtù soprattutto della crescita economica attesa nella regione dell’Asia Pacifico. A contribuire a questo incremento non saranno i veicoli leggeri privati (automobili, SUV, pickup), ma i veicoli commerciali pesanti e il trasporto aereo, marittimo e ferroviario.

La domanda proveniente dai veicoli per uso privato si contrarrà, o comunque non subirà aumenti, in quanto l’avanzamento tecnologico dei veicoli tradizionali e una maggiore penetrazione dei veicoli ibridi dovrebbero assicurare la riduzione dei consumi unitari di carburante. Sempre secondo le ricerche condotte da Exxon, si  stima che, al 2030, circa 1/4 delle nuove immatricolazioni riguarderà veicoli ibridi ed elettrici, arrivando a rappresentare quasi il 15% del totale del parco circolante dei veicoli ad uso privato, che nel 2030 dovrebbe contare 400 milioni di unità in più rispetto ad oggi e raggiungere la cifra di 1,2 miliardi. La domanda di carburante per veicoli leggeri diminuirà del 20% nel Nord America  e di oltre il 30% in Europa. In queste due aree le auto elettriche e ibride costituiranno rispettivamente il 16 % e il 10% circa delle vendite. Una stima condivisa dalla Renault, la Casa che sta effettuando i maggiori investimenti nell’elettrico (4 miliardi per 4 modelli). Il maggior incremento di richiesta di carburante, quasi l’80%, si avrà in Asia Pacifico, soprattutto in Cina. Dei 400 milioni di autovetture che entreranno in circolazione nel mondo nei prossimi vent’anni, oltre un terzo infatti, a detta di Exxon, sarà immatricolato in Cina.

Tuttavia, nonostante queste prospettive mostrino segnali incoraggianti sull’aumento del numero dei veicoli ibridi/elettrici in circolazione nel futuro prossimo, il quadro del presente appare ancora incerto. Occorre quindi considerare con prudenza tali previsioni, visto che già in passato studi autorevoli avevano dipinto come molto probabile lo sviluppo di un mercato su vasta scala per gli EVs, scenari rivelatisi poi lungi dall’essersi realizzati. Si pensi alle attese suscitate, all’inizio degli anni Novanta, dalla General Motors con l’introduzione sul mercato americano dell’elettrica EV1, favorita dai sussidi dell’amministrazione Clinton. Nonostante le numerose richieste di noleggio e i feedback positivi degli utenti, i 5000 pre-ordini si tramutarono in solo 50 acquirenti, motivo che indusse GM a sospendere la produzione del veicolo, generando furiose polemiche con ambientalisti e complottisti.

Ancora oggi le prospettive appaiono alquanto controverse e poco omogenee, tanto che gli ultimi studi sul futuro dell’auto elettrica hanno offerto un panorama estremamente diversificato, con previsioni che per il 2020 vanno da uno zero virgola fino al 25% del totale, e per il 2050 oscillano addirittura tra un totale insuccesso e un sostanziale monopolio del mercato (copertura all’80 per cento).

La stessa cautela deve essere adottata quando si prendono in considerazione i dati relativi al mercato italiano. Anche qui assistiamo a uno scarto abbastanza elevato tra scenari abbastanza foschi che condannerebbero l’auto elettrica ad un futuro di irrilevanza certa, come quello prefigurato dall’Unione Petrolifera (solo 60.000 vetture al 2025) e previsioni che, all’inverso, potrebbero rivelarsi potenzialmente realistiche ma eccessivamente ottimistiche. E’ il caso del recente Convegno tenutosi a gennaio a Milano “L’auto elettrica ama il green. Mobilità e rinnovabili”, a cui ha presenziato tra gli altri il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, dove si è preannunciato l’obiettivo possibile di avere al 2020 il 10% del totale del parco circolante costituito da veicoli elettrici. Secondo questa stima, se, a partire da ora, su ogni 5 nuove auto ce ne fosse una elettrica, fra meno di 10 anni avremmo un parco elettrico pari a 3,3 milioni di auto. Il calcolo viene fatto su una media di immatricolazioni di circa 1,9 milioni di nuovi veicoli: sono oltre 360  mila auto elettriche all’anno per i prossimi nove anni.

Considerando il 2011, sono state vendute in Italia 5.024 ibride (+4% vs 2010) e 287 elettriche (+139% vs 2010).

I VALORI RESIDUI DELLE VETTURE ELETTRICHE

Per quanto riguarda i valori residui delle auto elettriche, chi sa alzi la mano!

Gli studi e le analisi sull’argomento in Italia latitano. Abbiamo quindi esplorato il panorama estero e abbiamo analizzato i contributi di tre società di consulenza di assoluto rilievo: Eurotax Glass’s International, Pike Research e CAP.

Eurotax International, società che ha come core business la previsione dei valori residui,  ha realizzato una comparazione concettuale (vedi slide) tra una vettura a benzina e una elettrica, ambedue del segmento A con percorrenza annuale di 10.000 km all’anno. Dallo studio emerge che il valore residuo per le due vetture è pari al 70% dopo i primi 12 mesi.

A partire dal secondo anno in poi, il valore residuo della vettura elettrica varia sensibilmente in funzione del tempo di garanzia della batteria. Per esempio a 48 mesi il valore residuo con la garanzia standard è pari al 25% (contro il 55%  di una vettura a benzina), se la garanzia viene ridotta, il valore residuo scenda al 10%, se viene aumentata fino a coprire 6 anni e l’80% di capacità, il valore residuo si apprezza fino ad arrivare al 40%, quindi 15 punti in più.

Sempre Eurotax International paragona il valore residuo a 36 anni con un percorrenza di 30.000 km totali di una Citroen C zero elettrica, di una C1 e di una C4 a benzina. Il valore residuo dell’elettrica è del 39% contro un 49% delle due vetture a benzina; quindi 10 punti in meno.

Passando al secondo contributo,David Hurst, un senior analyst di Pike Research, ha realizzato una comparazione tra veicoli elettrici e veicoli a combustione per le case Nissan e Chevrolet. Il confronto è stato fatto su contratti di noleggio con la durata di 36 mesi. Dal confronto emerge che:

  • la Nissan Leaf ha un canone di noleggio mensile pari $ 349; superiore di $ 150 rispetto alla Nissan Versa a combustione, e che il canone mensile per la Chevrolet Volt è più alto di $ 190 rispetto alla Cruze a combustione.
  • la Nissan Leaf dopo 3 anni vale il 41% di valore residuo contro il 52% della Versa e la Volt il 43% contro il 51% della Cruze.

Secondo Hurst il canone di noleggio (escluso la parte servizi) di una vettura è determinato da quattro elementi: il prezzo della vettura, il tasso di interesse, l’anticipo e il valore residuo. Tra questi il prezzo e il valore residuo hanno il maggior impatto sul canone di noleggio.

Hurst afferma che i valori residui delle vetture elettriche sono piuttosto bassi se paragonati alla media delle vetture ad alimentazione tradizionale, che dopo tre anni valgono mediamente tra il 54% e il 55%.

Secondo Pike Research i valori residui delle vetture elettriche sono guidati dalla tecnologia e dai costi operativi.

Per quanto gli aspetti tecnologici, attualmente c’è molto incertezza nello stabilire quanto tecnicamente durerà la batteria dopo i tre anni di utilizzo; a questo proposito sia Nissan che Chevrolet dichiarano che le batterie dopo i tre anni hanno una vita residua di altri cinque anni.

Inoltre i valori residui calcolati oggi potrebbero “crollare” in dipendenza del fatto che le “nuove” batterie, che usciranno nei prossimi anni, potrebbero avere un prezzo più basso di quelle “attuali” sia per i miglioramenti tecnologici, sia per l’aumento dei volumi produttivi. Questi due fattori renderebbero le attuali tecnologie datate e eccessivamente costose con un impatto evidente sull’aumento dei prezzi delle vetture usate che montano le “attuali” batterie.

Anche con riferimento ai costi operativi, l’incertezza regna sovrana. La più importante agenzia di leasing in Europa afferma che il valore residuo per la Tesla è al momento impossibile da calcolare a causa delle incertezze che circondano il sistema di ricarica e i costi di gestione, soprattutto quelli della batteria.

Per proteggersi dall’esposizione a queste incertezze le società di noleggio e quelle che calcolano i valori residui sono orientati a posizionare gli stessi ad un valore molto più basso rispetto alla media del mercato.

Hurst, in merito all’andamento dei valori residui nel futuro, afferma che miglioreranno ogni anno in cui non ci saranno grandi problemi con le batterie e i prezzi dei carburanti continueranno a crescere. Nell’arco di 3/5 anni  si aspetta che raggiungano la parità, o addirittura che faranno meglio dei modelli tradizionali. Però se le batteria e i motori saranno oggetto di richiami o avranno dei tassi di insuccesso maggiori di quanto previsto, allora i valori residui resteranno ai livelli di adesso.

Ci permettiamo di fare alcuni commenti al contributo della Pike Research.

Secondo noi, mentre il valore residuo delle auto ad alimentazione tradizionale è funzione di diverse variabili che riguardano il listino, la durata, i chilometri, etc.., il valore residuo delle vetture elettriche – che in Italia rappresentano un sotto-mercato minuscolo pari al 0,02% – deve recepire anche l’enorme difficoltà di intercettare un acquirente che abbia una tale sensibilità ambientale che gli faccia pagare un premium di prezzo molto elevato rispetto all’acquisto di un’auto usata tradizionale. Già negli anni novanta in Italia le società di noleggio erano costrette a scontare il valore residuo delle vetture con il cambio automatico di ben 10 punti rispetto a quelle con il cambio normale ( e questa è storia); figuriamoci, quindi, il differenziale tra le vetture elettriche e quelle tradizionali.

Inoltre secondo noi gli incentivi grazie ai quali viene venduto il veicolo elettrico nuovo, devono essere in qualche misura riproposti anche nell’usato. Nel senso che il valore residuo costruito sul listino deve essere abbattuto di tutto l’incentivo o almeno di una parte di esso. Se, per esempio, un’auto nuova di 35.000 euro ottiene un incentivo di 5.000 euro, una vettura usata di 15.000 deve essere abbattuta almeno di 2.500 euro.

L’altro contributo è quello della società CAP che ha dichiarato che per poter stimare il valore residuo di un’auto è necessario che la batteria faccia parte dell’auto e non noleggiata separatamente. CAP prende una posizione netta nei confronti di un modello di business che sembra si stia affermano notevolmente e che prevede l’acquisto dell’auto dal concessionario o dalla casa automobilistica e il noleggio della batteria da una società di noleggio. CAP afferma che sarebbe impossibile valutare quanto varrà in futuro un’auto, se questa non ha la possibilità di funzionare (cioè se non ha la batteria).

La società inoltre identifica tra i criteri che hanno un impatto maggiore sui valori residui di un auto elettrica, il  metodo di carica, la velocità massima, l’amperaggio e le garanzie connesse.

Mark Norman a capo del gruppo di lavoro sui veicoli elettrici di CAP sostiene che “si è tentati di valutare i veicoli elettrici allo stesso modo dei veicoli con motori tradizionali. Molte persone nel nostro settore considerano i primi inferiori in termini di convenienza e di utilizzo quotidiano. Questo tipo di pensiero è giurassico e miope perché non riconosce il potenziale cambiamento politico, sociale, fiscale ed economico che può derivare da nuovi modi di usare l’auto. Quindi la grande sfida in questo campo non è prevedere i valori residui, ma prevedere i cambiamenti nella società”

BATTERIE

Quando si parla di auto elettriche un problema evidentemente cruciale, che merita una trattazione a parte, riguarda le batterie, che hanno il compito di fornire energia al motore elettrico. Le batterie possono essere di tre tipi: al piombo, al nichel-cadmio e agli ioni di litio. Le batterie al piombo hanno minore capacità e sono attualmente utilizzate per veicoli elettrici di piccole dimensioni come, ad esempio, gli scooter elettrici. Le batterie al nichel-cadmio hanno una capacità maggiore rispetto a quelle al piombo, mentre le batterie agli ioni di litio hanno rappresentato la vera e propria rivoluzione della mobilità elettrica. Quest’ultima tecnologia consente di stoccare una maggiore quantità di energia ad un peso inferiore rispetto alle batterie al nichel-cadmio. Le batterie agli ioni di litio sono attualmente montate sulle auto elettriche. Il sistema di batterie è solitamente installato al centro della parte inferiore dell’automobile per aumentare la stabilità del veicolo tramite il peso degli accumulatori.

Sono due le questioni fondamentali legate a questo tema e che rappresentano una componente determinante per favorire l’adozione di tali veicoli. La prima riguarda l’autonomia, abbastanza limitata, della batteria e la necessità di essere ricaricata.

Tutte le batterie delle auto elettriche sono ricaricabili tramite il collegamento ad una normale presa della corrente elettrica o ad una colonnina in strada a ricarica rapida. Il tema, a sua volta, chiama in causa il problema di assicurare una rete efficace di distributori pubblici di energia elettrica. Il che significa che l’infrastruttura di ricarica, che rappresenta uno dei maggiori costi di un sistema di mobilità fondato su gli EVs, deve avere una distribuzione intensiva per garantire ai possessori di poterle ricaricare in qualunque momento ne abbiano bisogno. Un risultato che oggi appare ancora lontano, nonostante negli ultimi periodi in molti si stiano adoperando per renderlo una realtà, moltiplicando gli sforzi per incentivare la diffusione della rete distributiva. E’ il caso per esempio di Enel Drive, il progetto lanciato da Enel che  ha creato un sistema di ricarica all’avanguardia basato sulla presenza di due tipologie di stazione di ricarica: la Home Station per la ricarica domestica, che permette di fare il carico di energia comodamente da casa propria, grazie al contatore installato nel garage o nel box, e la Public Station, ossia la colonnina installata in strada, in punti strategici per la mobilità opportunamente concordati con le amministrazioni locali.

Così come notevole interesse ha destato l’esperimento del gruppo svedese Ikea che ha installato in California, presso un suo punto vendita, tre colonnine per la ricarica, dando così modo ai clienti di lasciare la vettura in ricarica mentre si fa shopping. Mentre grandi aspettative potrebbero nascere da una ricerca dell’Università di Stanford, che ha aperto alla possibilità nel prossimo  futuro di ricaricare le batterie senza bisogno di cavi e prese di corrente, bensì via wireless direttamente dalla strada e, non solo con veicoli fermi su una sorta di “piattaforma” (rivoluzione che partirà a Londra quest’anno) ma anche in movimento.

La seconda questione legata alle batterie concerne i necessari progressi tecnologici che si attendono nel settore, per superare i limiti attuali che impediscono attualmente ai veicoli elettrici di godere di un mercato di massa. Il primo vincolo è rappresentato dal loro costo, che oggi si aggira intorno ai 14.000 dollari,  problema cruciale visto che esso contribuisce per almeno un  terzo al costo di una vettura elettrica. Ridurre i costi di produzione, e abbassare di conseguenza il prezzo di vendita al pubblico, oggi eccessivamente oneroso, costituisce pertanto un obiettivo irrinunciabile, pena un nuovo fallimento. La strada verso l’abbattimento dei costi appare oramai intrapresa, come dimostrano ad esempio la rete di alleanze e cooperazioni tra case auto e tra queste e i produttori di batterie; anche se si preannuncia certamente irta di ostacoli, non foss’altro perché  i necessari investimenti in R&S mal si conciliano con i vincoli finanziari che l’attuale crisi economica pone alle imprese.

Il secondo ostacolo attiene alla capacità limitata delle batterie e all’esigenza di aumentarne quindi la durata e le performance (e di diminuirne il peso). La grande differenza della batteria rispetto alla benzina sta nella densità di energia accumulabile e quindi nell’autonomia garantita al veicolo. Numeri alla mano, le moderne batterie agli ioni di litio hanno una capacità di circa 140 Wh/kg, mentre la densità di energia della benzina è di 12.000 Wh/kg, 80 volte maggiore. Questo è da sempre l’enorme vantaggio della benzina sull’elettricità. L’autonomia di una batteria naturalmente varia in base alla modalità di utilizzo della vettura: a basse velocità essa può superare in alcuni casi anche i 200 Km, a velocità medie cala perché l’energia usata aumenta, e crolla intorno ai 90 Km se la velocità è alta. Insomma difficilmente l’autonomia media di una moderna batteria a ioni di litio supera i 120 – 140 Km,  senza contare naturalmente accelerazioni e frenate.

Le evoluzioni tecnologiche volte a risolvere il problema non mancano, come pure gli investimenti in ricerca tesi al miglioramento dell’efficienza degli accumulatori.  Vediamone alcune. E’ già una realtà ad esempio lo sviluppo della tecnologia cosiddetta Erev (Extended range electric vehicle), ossia veicolo elettrico ad autonomia estesa. Tali veicoli,  una volta esaurita l’energia immagazzinata nella sua batteria a ioni di litio, si producono la corrente a bordo grazie a un motore termico a benzina che non ha compiti di trazione, ma solo la funzione di ricaricare le batterie in marcia. È un gruppo elettrogeno che permette di estendere in maniera consistente l’autonomia. Un altro filone di ricerca riguarda le batterie semisolide a ricarica rapida, batterie di flusso composte cioè da sostanze liquide combinate con quelle a litio che garantiscono maggiore densità energetica e minori tempi di ricarica essendo sufficiente sostituire i liquidi. Notevoli speranze vengono poi riposte nello sviluppo di un’altra tipologia di batterie, quelle al sale, che oltre ai vantaggi offerti a livello “ecologico” possono vantare anche altre caratteristiche vincenti quali un miglior risparmio energetico e di efficienza, che si concretizza in una migliore resistenza agli sbalzi termici, in un alto numero di cicli, nessuna manutenzione, e in una lunga durata che si tramuta in una maggiore riduzione dei costi di gestione.

Tirando le somme appare evidente come ancora oggi, accanto a vari fattori che rafforzano la convinzione di poter sperare in una massiccia diffusione della mobilità elettrica (prezzo della benzina alle stelle, instabilità del prezzo del petrolio, questione ambientale, etc) persistano tuttora numerose criticità che consigliano molta prudenza nel prefigurare scenari esageratamente ottimistici.  Più in generale, possiamo sostenere che per il successo di questa tecnologia è necessaria l’integrazione e la cooperazione di una serie di stakeholders, dalle case auto ai produttori di batterie, dai fornitori di servizi di mobilità e alle public utilities dell’energia. Così come è fondamentale che i governi forniscano adeguati incentivi sia ai consumatori per l’acquisto di auto elettriche, sia ai produttori di auto e di batterie per la ricerca, sia ai produttori di energia elettrica per la realizzazione di un’adeguata infrastruttura.

Articolo pubblicato su CarFleet Speciale elettrico di aprile 2012 a firma di Alessandro Palumbo